Sagra del fungo cardoncello: «brand d’eccellenza» o «mercato»?

L’imprenditrice ruvese Lucia Lamonarca oltre dieci anni fa ha convinto la Pro Loco a portare l’evento a Ruvo, ma ora ne denuncia la malagestione. Il presidente Lauciello respinge le accuse al mittente​

Alla signora Lucia Lamonarca, titolare dell’omonima azienda agricola ruvese, le spiegazioni fornite dalla Pro Loco sull’aumento dei costi di partecipazione alla Sagra del fungo cardoncello, prevista il prossimo fine settimana, non sono affatto bastate. Anzi.

È lei una delle firmatarie, insieme ad altri nove tra piccoli imprenditori e artigiani, della lettera in cui se ne contesta aspramente la gestione. Ma soprattutto rivendica con orgoglio il merito di aver portato a Ruvo di Puglia l’evento, ormai 13 anni fa. Ma la storia comincia ancora prima, ed è lei stessa a raccontarcela dal principio. La questione – sostiene con foga – non è solo economica, ma riguarda un più generale “imbarbarimento” della manifestazione. Anziché valorizzare le eccellenze del territorio, favorendone l’accesso e la partecipazione, sarebbe diventata qualcosa di molto simile a un mercato, con la vendita di prodotti di dubbia qualità e provenienza – anche estera –, che poco hanno a che fare con l’origine e il vero significato delle “sagre”, nate per celebrare e promuovere un prodotto enogastronomico locale.

La piccola impresa della signora Lucia, che confeziona principalmente miele ma non solo, fu invitata già nel 2003 a partecipare all’edizione ormai consolidata di Minervino Murge, dove lei ha continuato a recarsi anche negli anni successivi. Già nel 2004 spinse i rappresentanti dell’associazione di promozione turistica di Ruvo ad andare sul posto per poter mutuare quell’evento di gran successo e – nel 2005 – un primo esperimento fu fatto in piazza Le monache, alla quale nel 2006 si aggiunse piazzetta Fiume. Dall’anno successivo, insieme alla fama e alle dimensioni della manifestazione, sono cresciute costantemente anche le spese per i partecipanti, precedentemente limitate a un contributo volontario. Fino a giungere ai prezzi attuali, pari a 130 euro per un banchetto e a 250 euro per lo stand con casetta in legno già allestita, senza contare, da due anni a questa parte, la domanda obbligatoria con marca da bollo in Comune e i relativi diritti di segreteria. A potersi permettere il tutto sono – sempre secondo la signora Lamonarca – i commercianti al dettaglio, che guadagnano cifre considerevoli vendendo tutti i loro prodotti, non certo solo quelli tipici, e coloro che si improvvisano cuochi proponendo degustazioni d’ogni genere.

«La Pro Loco sostiene che la quota di partecipazione funge da filtro per selezionare gli espositori, ma in realtà chi viene messo fuori sono le aziende del territorio – denuncia -, quando si potrebbe invece pensare a scaglioni di prezzo in base alla categoria, perché i commercianti hanno i mercati per esporre la loro merce. Così si perde credibilità». Ed è per questo che lei - insieme ad altri - il prossimo weekend non ci sarà, seppur a malincuore. «Amo il mio paese e ci tengo a partecipare; sono stata la portabandiera della sagra, facendole pubblicità col passaparola, ma chi dovrebbe valorizzare le eccellenze locali non lo fa. Io vorrei solo che fosse la vera festa dei nostri buoni prodotti».

Ma il presidente della Pro Loco di Ruvo e dell’Unpli regionale Rocco Lauciello rispedisce senza indugio tutte le accuse al mittente. «All’evento parteciperanno i piccoli commercianti, è vero, ma anche molte aziende e cooperative, in rappresentanza di circa 1000 soci. Avremo circa 80 espositori».

I costi ci sono e sono cospicui se si vogliono «fare le cose a norma. Ci sono le tasse da pagare come la Tosap, stiamo allestendo i bagni chimici e predisponendo un trenino che porterà i turisti dai parcheggi periferici nel centro storico, visto che sono attesi ben sette pullman provenienti da tutta Italia». Poi c’è la luce elettrica, che verrà fornita nei gazebo, senza contare tutta la parte artistica. «Non dimentichiamo che durante la due giorni sono previsti ben quattro spettacoli musicali, i fuochi danzanti la domenica sera, una diretta televisiva e un annullo filatelico dedicato. Tutte queste spese chi le sostiene?», chiede retoricamente Lauciello, per il quale vanno divise fra istituzioni, sponsor e operatori. Ed è convinto che resta assolutamente «non quantificabile l’incessante lavoro volontario di tante persone» che stanno predisponendo insieme a lui un «evento fatto a modo, per elevare il paese».

E se gli si fa notare che in altri comuni ospitanti - per esempio Minervino Murge e Spinazzola - i prezzi sono più bassi, risponde che «lì l'utenza è inferiore», ma soprattutto che «quella di Ruvo è l’eccellenza fra le tappe della sagra itinerante, perché noi abbiamo generato un brand che a sua volta ha una ricaduta economica positiva su tutta la comunità.

Perché le Pro Loco – conclude il Presidente – non fanno business. Riempiono le città, non si riempiono le tasche».


Notizia tratta dal portale web http://www.ruvolive.it